venerdì 15 febbraio 2008

Ferrara, le donne...e la biopolitica

Ferrara è una volpe astutissima e scaltra e mi sembra stia riuscendo pericolosamente nel suo intento fin troppo esplicito...: spaccare – nel fronte “democratico” – l'unità tra laici e cattolici, mettere in difficoltà più complessivamente la sinistra su un tema sofferto e difficile, facendola ripiombare, in piena campagna elettorale, nella semplificazione e negli slogan che, certo, trenta anni fa potevano andare bene... ma che oggi sembrano irrimediabilmente fuori tempo massimo: patrimonio nostalgico di poche minoranze, legate a una fase della storia del nostro paese (purtroppo per noi) ormai lontana. E' questa l'impressione che viveva un osservatore esterno - o un telespettatore - , assistendo alla manifestazione di ieri a piazza Vanvitelli: ...una sigla – l'UDI – che riemergeva dalla notte dei tempi... e un'età media che riportava senza equivoci alla solita e discussa generazione del '68!
Intendiamoci: non penso assolutamente che oggi si possa mettere in discussione la legge sull'aborto... e molte delle cose che scrive la Bonino sulla gioventù di oggi e sulla loro consapevolezza di poter contare su tutta una serie di diritti acquisiti, mi sembrano sicuramente convincenti. Penso però ci sia un ritardo culturale preoccupante da parte della sinistra nel parlare di temi - come oggi si usa dire - "biopolitici" che alle nuove generazioni post-ideologiche appaiono giustamente più problematici e sofferti.
Non dimentichiamo i risultati dell'ultimo referendum sulla fecondazione assistita: in quella circostanza il “timbro” dominante dei nostri ragionamenti fu sostanzialmente quello di tipo “progressista”: non possiamo negare il diritto alla maternità, non si può fermare lo sviluppo scientifico e tecnologico...non si possono fermare “le magnifiche sorti e progressive”! Con la pretesa di superare e andare oltre il '900, ci trovammo - in taluni casi e quasi senza accorgercene - in pieno '800... ! Risultato: non siamo riusciti a convincere il popolo italiano sulla necessità di revisionare la legge...e soprattutto non siamo riusciti a convincere noi stessi, visto che molti elettori di sinistra, dubbiosi anch'essi, sono rimasti a casa, non facendo in questo modo scattare il quorum referendario.
Se allora oggi è giusto e prioritario ribadire che i diritti delle donne non si toccano, è necessario però anche andare oltre nel ragionamento, attrezzandoci a rispondere con parole nuove e in modo convincente all'accusa più infamante che Ferrara, con la sua solita delicatezza, rivolge al fronte abortista: quella di non fermare la selezione eugenetica in atto...

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Apprezzo l'intuizione del post: a Ferrara bisogna rispondere con parole nuove. Però non ne dici neanche una. Vogliamo provare a trovarle discutendo?

Anonimo ha detto...

Naturalmente risposte pronte non ne ho. Registravo una “nostra” difficoltà (come sinistra) e auspicavo per lo meno di stare più attenti e non cadere nella trappola, preparata "ad arte", evitando di utilizzare parole, modalità e rituali che secondo me oggi sono solo controproducenti . Alcuni spunti dell'editoriale di Francesco Merlo su Repubblica di stamattina mi sembrano offrano alcuni spunti di riflessione utili e sopratutto invitino ad utilizzare con più parsimonia alcune parole che fanno parte della nostra tradizione. " Diritto all´aborto è un´espressione che io non userei, e non perché coltivo l´eleganza, ma perché mi fa pensare ad un altro dei tanti ossimori italiani, qualcosa come il diritto all'amputazione. I diritti li coniughiamo con cose che potenziano la persona: il diritto di esprimere il proprio pensiero, il diritto di andare in vacanza, il diritto al lavoro... Chiedere in una manifestazione il diritto all´aborto è, secondo me, una paradossale banalità intellettuale.....Comunque sia, capisco che il diritto all´aborto – continua Merlo rivolgendosi a Ferrara - è un´espressione che tu non molli perché ti permette di sovrastare l'avversario nel senso di volteggiargli sopra come un rapace”.
Ecco...già questo suggerimento mi sembra importante. Insomma mi sembra che oggi le parole nuove su questi temi ancora non le riusciamo a trovare, ma possiamo per lo meno evitare di utilizzare quelle vecchie.

Anonimo ha detto...

Allora, cominciamo:
Merlo ha perfettamente ragione a dire a Ferrara che usare "diritto all'aborto" è una sua furbata per sovrastare l'avversario. Io sono una che si ricorda le mammane, il varo della legge 194 e il referendum che la confermò. Nessuna donna in quella fase usava l'espressione "diritto" all'aborto. Si stava ben attente a specificare che non si trattava di un "diritto civile". Tutto fu impostato sul ragionamento "l'aborto clandestino esiste da sempre, sottraiamo le donne che si trovano in un momento tragico della loro vita, quello della scelta di abortire, alla clandestinità, al rischio, ad un doppio dolore". Gran parte dello scontro fu su a chi toccasse l'ultima parola, se al medico o alla donna. E qui c'è il punto sul quale io insisto: nessuno tranne che la donna può sapere esattamente cos'è quella scelta, di amputarsi - dici bene - di una "cosa" che, finché non ha vita autonoma, è una parte della donna. Una parte della donna, non un individuo a sè stante, e qui Ferrara di nuovo forza gli argomenti ai suoi fini.
Una cosa che io ribatterei al Ferrara è: ma tu che giustamente fai notare i milioni di bambine che "mancano all'appello" in Asia, tu, la pensi come il Papa e la Chiesa cattolica, sulla contraccezione, sul preservativo, sulla pillola del giorno dopo, che non è la RU486, che non realizza un aborto precoce, ma semplicemente rimedia PRIMA CHE SI INSTAURI LA GRAVIDANZA a un rapporto non protetto? Non credo che potrebbe rispondere di sì, gli si aprirebbe una contraddizione pure in casa loro ...
Io poi mostrerei grande apertura sulla fissazione di una data limite più precoce per gli aborti terapeutici: oggi i mezzi diagnostici permettono di diagnosticare molto prima le malformazioni, si può restare benissimo sotto le venti settimane. Tu obietterai: ma Ferrara ne fa una questione di eugenetica, "la nostra civiltà non sopporta gli imperfetti" e roba simile. Qui il discorso si fa effettivamente insidioso. Forse si potrebbe dirgli che non lo si è mai visto occuparsi con ugual foga di esseri umani "imperfetti" già nati, individui già esistenti ... E questo effettivamente tradisce una certa malafede della sua campagna. Forse si potrebbe dirgli che la natura ha anche sempre provveduto da sola a "scartare" (perdona l'espressione forte) i feti con qualche difetto: ai tempi di mia madre le donne portavano il conto insieme dei figli e degli aborti che avevano avuto. Forse si potrebbe dirgli, pensando alla vita di quelle madri che hanno figli gravissimamente handicappati non adeguatamente supportate, che il cinismo che lui rimprovera alla nostra civiltà ha per vittime moltissime donne che sacrificano un'intera esistenza annullandosi in un'assistenza senza soste. Lui che farebbe? Chiederebbe una moratoria del liberalismo economico in tutto il mondo???
Si può continuare, ora sospendo per incombenze di casa ...

Anonimo ha detto...

Naturalmente sono d'accordo con gran parte delle cose che dici. Le obiezioni che poni mi sembrano argomentate e plausibili; ...... fino ad un certo punto però! Fino a quando non tenti di rispondere all'accusa più infamante del ragionamento di Ferrara: quella che denuncia come attraverso l'aborto si rischi di praticare l'eugenetica. Lì le argomentazioni diventano più deboli e, quando affermi che la natura spontaneamente attua una selezione, sembrano addirittura aprire varchi alle tesi di Ferrara: l'eugenetica sostiene infatti che la selezione artificiale non vuole far altro che rinforzare quella selezione naturale intaccata da meccanismo compensativi di tipo umanitario. Bisogna allora tentare di intraprendere un'altra strada, cominciando a chiedersi prioritariamente come mai questa accusa, tanto infamante, trent'anni fa - se non ricordo male - fosse quasi del tutto assente dal dibattito politico, mentre oggi appare tanto forte e insidiosa. Cosa è successo nel frattempo? E' chiaro che il progresso scientifico e tecnologico ha creato tutte le condizioni perchè questo pericolo – presunto o reale - possa paventarsi oggi, nel momento in cui il discorso dell'aborto si intreccia magari con quello della fecondazione assistita, in cui viene data possibilità di scelta del “migliore” embrione da impiantare, o con le tante tecniche di cui ogni giorno si discute sulla stampa, che immaginificamente parla magari di “bambini su commissione”, prefigurando per l'immediato futuro la nascita di una sorta di superuomo nicciano. Allora, giuste e sbagliate che siano queste illazioni, si può comprendere come le certezze vengano meno, i dubbi sull'avvenire che ci viene incontro aumentino, (...e magari, anche se di sinistra, si eviti di andare a votare al referendum sulla procreazione assistita). Forse è giusto che il pensiero critico si interroghi con maggiore radicalità sulle possibili conseguenze dell'insieme di queste pratiche. Qui insisto: il mondo di oggi non è più quello di trent'anni fa e una posizione più cauta e dialogante, che non demonizzi le ragioni dell'avversario mi sembra più che mai auspicabile (anche se magari abbiamo il dubbio che l'avversario non sia tanto in buona fede e, in fondo in fondo, alzi tutto questo polverone solo per metterci in difficoltà!). Ad accuse tanto gravi bisogna tentare di dare pertanto risposte convincenti.
Allora, più semplicemente, si potrebbe ribattere a Ferrara affermando che non si può, del tutto impropriamente, stabilire paragoni con il nazismo: il progetto eugenetico si definisce in relazione alla vita di un intero popolo attraverso politiche mediche, decise dallo Stato a tutti i livelli, tese a garantire e proteggere il corpo sano della nazione. Come ha dimostrato Roberto Esposito nei suoi ultimi libri, il razzismo nazista e il suo progetto eugenetico nascono dal disegno “immunitario” di salvaguardare la parte sana del popolo tedesco dagli eventuali germi patogeni portati da soggetti interni ed esterni (i folli, gli affetti da malattie genetiche, gli ebrei, gli omosessuali, gli zingari) che altrimenti ne avrebbero intaccato la salute, provocandone la de-generazione. Un progetto eugenetico si sostanzia di provvedimenti “contestuali” di vario tipo: divieti di contrarre matrimoni, sterilizzazioni coatte, mancanza di assistenza medica, eutanasia, ecc.ecc. E' del tutto improprio stabilire una relazione tra questo tipo di scenario "complessivo" e la realtà italiana, di uno stato cioè che ha prodotto leggi che dovrebbero tutelare l'integrazione dei “diversamente abili” in ambito scolastico e sociale, investendo soldi per eliminare le barriere architettoniche, garantendo l'assistenza medica o attraverso i servizi sociali, ecc.ecc. Anzi si potrebbe rovesciare il discorso, imputando alla parte politica che Ferrara sostiene, di non sostenere quelle politiche di welfare che invece garantiscono questa assistenza. La legge 194 pone al centro la persona, e non il popolo, sul solco di quella tradizione di cui proprio Ferrara si dice sostenitore: il liberalismo e (perche no?) il cristianesimo. Entrambi piuttosto che partire dallo Stato infatti partono dall'individuo ( per il cristianesimo dalla persona) e dalla sua libertà di scelta. Che cosa ha a che fare tutto questo con il nazismo? Non so se queste argomentazioni possono risultare convincenti. Sono però convinto, come già ho cercato di dire, che tutti noi dovremmo sempre avere la capacità di accogliere la provocazione culturale che ci viene proposta, rispondendo puntualmente, se è possibile senza scegliere un unico ambito di discussione – come in questo caso quello pur importante dei diritti delle donne -, con la consapevolezza che la complessità dei temi che oggi abbiamo davanti implica necessariamente ogni volta uno sforzo maggiore di approfondimento.

Anonimo ha detto...

eh, sì ... te lo avevo premesso: è l'aspetto maggiormente insidioso della campagna di Ferrara, perché si rischia di non avere argomenti convincenti. La tua replica contiene già un paio di punti in più (della mia) e sono forti: il paragone con l'eugenetica nazista a fini di conservazione della purezza della razza non esiste, non regge. L'altro è quello che cercavo, forse malamente, di dire anch'io: i ferrara cadono in contraddizione sulle questioni del welfare e sulla richiesta di "politiche di stato" antiaborto invece che sull'offerta di opportunità "libere" alle persone. Ti dispiace se riprendo questi argomenti per una cosa che sto scrivendo per il blog di un amico (naturalmente ti citerò)?
Aggiungo ancora: discutere di tecniche di superamento di stati patologici prima delle scoperte scientifiche di questi anni era una cosa; discuterne alla luce della mappatura del genoma umano dovrebbe esserne un'altra! altrimenti ferrara rischia di sembrare come quelli che consideravano i vaccini una diavoleria. Riesco a spiegarmi?

Anonimo ha detto...

Naturalmente puoi utilizzare tutto quello che vuoi. La discussione l'abbiamo fatta "insieme"!
Fammi sapere poi dove pubblichi il post.

Anonimo ha detto...

Hai visto Ferrara a "in 1/2 ora"? Certo che la risposta alla domanda sui contraccettivi in Africa ("sono inutili, il problema è la promiscuità") era davvero debole ... Peccato che la Annunziata gliel'abbia lasciata correre ...

Anonimo ha detto...

Perso purtroppo! Cerco di vederlo oggi sulla TV di fastweb!

Anonimo ha detto...

poi mi fai sapere. intanto sto cercando altro materiale e argomenti e leggo un articolo di della vedova sul foglio di qualche giorno fa che cerca di trovare anche lui contraddizioni nella posizione di ferrara.
Per es., a proposito dell'utilizzazione della (presunta)identità aborto-omicidio, osserva l'autore: "non sta in piedi l'immagine di un olocausto che si origina dalla macchinazione burocratica degli stati, ma che non comporta la criminalizzazione dei carnefici che liberamente e consapevolmente vi partecipano" (le donne innanzitutto e i sanitari subito dopo). E, si noti, Ferrara ribadisce che lui non vuole ripristinare l'aborto come reato.
Poi: dalla vedova si dichiara contrario a "questo spaventoso indifferentismo etico, per cui l'aborto è identico all'omicidio e ogni aborto è un identico uccidere (...) lo stesso indifferentismo che ha portato per anni numerose organizzazioni umanitarie a confondere la pena di morte con l'omicidio politico e il boia notoriamente previsto al termine di un equo processo con il serial killer legale addetto alle pratiche di uno stato assassino".
Ricorda poi a Ferrara che almeno la chiesa "condanna indifferentemente l'aborto e la guerra, qualunque guerra", anche quella che Giuliano nuovamente giustifica, anzi esalta, p.es. nel caso dell'Iraq (vedi ancora l'intervista alla Annunziata). Qui farei notare, però, che sulla pena di morte la chiesa ha avuto più di un'incertezza ...
Infine, della vedova invita a distinguere: "l'esecuzione di Saddam e l'omicidio di Anna Politkovskaya non sono un identico uccidere. Il dottor Mengele e il dottor Viale non fanno lo stesso mestiere. Una donna che angosciosamente chiede la diagnosi pre-impianto o attende i risultati dell'amniocentesi, per poi magari risolversi all'aborto, è sicuramente mossa da un complesso di complicatissime ragioni, a volte anche censurabili quando non disprezzabili (sic), ma nessuna di esse rimanda alle teorie di Alfred Rosenberg".
E - su questa base - direi che l'argomento "aborto=olocausto" è abbastanza rintuzzato. che ne pensi?

Anonimo ha detto...

Si...è così.
Volevo segnalare a te e agli altri lettori del blog (ammesso che ce ne siano...), sempre a proposito dell'aborto e di Ferrara, l'articolo che Claudio Magris ha pubblicato sul Corriere di stamattina. L'ho trovato molto interessante...

Il link per leggerlo sul web è questo:

http://www.corriere.it/editoriali/08_febbraio_19/magris_715d3ad8-deb1-11dc-9d37-0003ba99c667.shtml

Anonimo ha detto...

Forse è meglio pubblicarlo direttamente visto che non è comparso il link.....

IL CONTRIBUTO DI UN LAICO
Bobbio e l'aborto


di Claudio Magris


Nel clamore delle polemiche sull'aborto c'è un grande quasi dimenticato: Norberto Bobbio. L'8 maggio del 1981, alla vigilia del referendum, il maestro laico di diritto e libertà — che ha manifestato sempre il più grande rispetto e anzi interesse per la fede, che non ha mai pensato di definirsi con tracotanza ateo ma, per coerenza e appunto per rispetto, ha ritenuto doveroso rinunciare ai funerali religiosi — rilasciò a Giulio Nascimbeni, il carissimo amico scomparso di recente, un'intervista per il Corriere della Sera. In essa, con pacatezza e anzi con disagio («è un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri») ribadiva «il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. E' lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione del-l'aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all'aborto ».

Si soffermava sulla «scelta sempre dolorosa fra diritti incompatibili», ribadendo che «il primo, quello del concepito, è fondamentale», in quanto «con l'aborto si dispone di una vita altrui». Affermava la necessità di evitare il concepimento non voluto e non gradito; e concludeva, rispondendo a Nascimbeni: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere».

Perché, in un momento in cui si cerca non di toccare la legge 194 — cosa che dovrebbe tranquillizzare tutti, perché è essa che consente di abortire, dichiarando peraltro esplicitamente che l'interruzione della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite— bensì di creare una cultura consapevole della realtà dell'aborto, così pochi (tra i quali il Foglio) ricordano Norberto Bobbio e queste sue parole di assoluta chiarezza, molto più difficili da dire allora che non oggi? Forse perché dette in tono pacato, problematico, con l'animo di chi aborre le eccitazioni collettive e le scalmane di piazza, mentre oggi prevale chi le ama e se ne inebria, anche quando si rivolgono contro di lui, ed è felice solo nella ressa dello scontro, nel fumo della battaglia (peraltro poco pericolosa), che invece poco si addice alla ritrosia subalpina di gente come Bobbio o Einaudi?

Le discussioni di oggi sono altamente meritorie, perché aiutano, contro ogni pigrizia e viltà mentale, a guardare in faccia cos'è l'aborto. Visto che nessuno vuole toccare la legge 194, nessuno dovrebbe protestare contro queste discussioni, a meno che non sia un entusiasta dell'aborto. Visto che nessuno vuol toccare la legge 194, non ha senso presentare una lista elettorale che si proponga di andare al Parlamento solo per non fare leggi; per creare e diffondere una cultura dei diritti di ogni individuo, in tutte le fasi della sua vita, il luogo non è il Parlamento, bensì la società, il dibattito, l'agorà.

E' ciò che sta giustamente accadendo, e non solo per le iniziative di Giuliano Ferrara ma anche e già prima con alcune interessantissime e innovatrici riflessioni di intellettuali e scrittrici femministe — ad esempio Alessandra Di Pietro, Paola Tavella, Anna Bravo o Maria Carminati — le quali, senza rinnegare alcuna loro battaglia, affrontano in modo libero e originale i valori della maternità e della vita. Anche in merito a ciò che spetta al dibattito pubblico e a ciò che spetta al Parlamento, la chiarezza di un Bobbio, con la sua straordinaria arte di distinguere le cose e gli ambiti, sarebbe preziosa ma non è forse gradita. Oppure non si ricordano quelle parole di Bobbio in difesa del concepito perché dà fastidio che sia stato un non-praticante, estraneo o quanto meno esterno alla Chiesa cattolica, a pronunciarle?


19 febbraio 2008

Anonimo ha detto...

Stamattina sono stati pubblicati due articoli che approfondiscono e sviluppano alcuni punti che nella discussione con Monica erano stati da noi solo sfiorati. Il primo è di Zagrebelsky ed è stato pubblicato su Repubblica. In un punto scrive con grande chiarezza:

"Nell´assolutismo, si trovano a casa propria tanto coloro che parlano dell´aborto, né più né meno, come di un assassinio (oggi si dice “feticidio”), quanto coloro che ne parlano come diritto incondizionato. Assassinio e diritto sono due modi per dire il riconoscimento assoluto, come valori, della vita o della libertà. I primi, in nome del valore prevalente della vita del concepito, si disinteressano di tutto il resto: la salute e la vita stessa della donna, messa in pericolo dagli aborti illegali e clandestini; i secondi, in nome dell´autodeterminazione della donna come valore prevalente, si disinteressano della sorte del concepito. Costoro, pur su fronti avversi, si muovono sullo stesso terreno e possono farsi la guerra. Ma, tutti, si troveranno insieme, alleati contro coloro che, ragionando diversamente, non accettano il loro assolutismo".

E poi esprimendo lo spirito del nostro dettato costituzionale relativamente al tema in oggetto ...

"Orbene, la Costituzione, attraverso l´interpretazione della Corte costituzionale, dice che nella questione dell´aborto ci sono due aspetti rilevanti, due esigenze di tutela, due principi: l´uno, a favore del concepito la cui situazione giuridica è da collocarsi, “con le particolari caratteristiche sue proprie”, tra i diritti inviolabili della persona umana, il diritto alla vita; l´altro, a favore dei diritti alla vita e alla salute, fisica e psichica, della madre, che può essere anch´essa “soggetto debole”. Quando entrambe le posizioni siano in pericolo, occorre operare in modo di salvaguardare sia la vita e la salute della madre, sia la vita del concepito, quando ciò sia possibile. Quando non è possibile, cioè quando i due diritti entrano in collisione, deve prevalere la salvaguardia della vita e della salute della donna, “che è già persona”, rispetto al diritto alla vita del concepito, “che persona non è ancora”. Dunque: si parla di diritti della donna e del concepito, ma non si parla mai di aborto come (dicono i giuristi) “diritto potestativo” della donna, né, al contrario, di dovere di condurre a termine la gravidanza. Ci si deve districare tra le difficoltà e non ci sono soluzioni a un solo lato."

Il secondo è di Piero Ostellino che dal Corriere della Sera critica il ragionamento di Ferrara a partire dai principi del liberalismo classico:

"L’aborto, nei Paesi di democrazia liberale, non è, sotto il profilo legale, un omicidio. Anche la libertà, come la vita, è un diritto fondamentale. Incommensurabile, non negoziabile. Così, in quanto riconosciuto e codificato dallo Stato, l’aborto non riguarda solo la sfera della coscienza individuale, ma anche il concreto esercizio di un diritto pubblico, cioè la libertà di scelta della donna. La contraddizione, eticamente insanabile, ma legalmente composta, fra diritto alla vita (del nascituro) e diritto di libertà (della donna), è espressione di quel «pluralismo dei valori» di cui parla Isaiah Berlin. L'esistenza di molteplici fini umani fra loro in conflitto e non riducibili a una specifica concezione del Bene. Il pluralismo dei valori esclude che tutte le questioni morali abbiano una sola risposta corretta, riconducibile a un unico sistema etico".

Anonimo ha detto...

avevo letto zagrebelsky, ma non ostellino. però - proverò a ricordarmene - ho letto qualche altra critica alla posizione di ferrara dal punto di vista liberale.
Insomma, caro oblomov, non possiamo lamentarci: gli argomenti sono usciti in gran copia. solo che - non so se pensi lo stesso - simili approfondimenti in tv non si riescono a fare quasi mai. e la cosa aiuta il formarsi di opinioni meramente propagandistiche. dobbiamo ammettere che la trasmissione che maggiormente li propone è proprio 8 1/2

Anonimo ha detto...

E' così cara Monica. Anzi posso confessarti che in questi giorni sento la lontananza di Ferrara?