giovedì 17 aprile 2008

Qualche riflessione "neo-marxista" sulla questione settentrionale

Da quanto tempo sentiamo parlare in Italia di “Questione settentrionale”..., da quanti anni leggiamo analisi sociologiche ed economiche sulla nuova realtà del Nord-est, sul popolo delle partite IVA, sulla nuova composizione sociale post-fordista. Tutto invano! L'accumulo di tanta scienza non ha determinato alcun mutamento di rilievo delle politiche della Sinistra (parliamo qui per intenderci sia di quella riformista che di quella radicale). Questa – come dichiara Daniele Marini della Fondazione Nord-Est sul Corriere del 16 aprile “applica categorie vecchie, tipiche del marxismo applicato al fordismo, con una contrapposizione tra capitale e lavoro, borghesia e lavoratori dipendenti, che qui nel Nord-Est non esiste....il 58% degli imprenditori del nord-est, secondo i dati sono ex-operai. E' una società laburista, dove il lavoro è un orizzonte di vita”. Risultato: oggi gli operai al Nord, quelli iscritti al sindacato ma anche quelli senza tessera, votano per la Lega che può così annunciare, forse con qualche ragione, di essere il nuovo partito dei lavoratori.
Eppure un marxismo in grado di leggere i processi sociali in atto l'abbiamo avuto in Italia: erano gli anni '60 e giovani intellettuali dalle pagine dei “Quaderni rossi” e poi di “Classe operaia” leggevano i comportamenti e le pratiche delle nuove figure legate alla nuova composizione sociale che andava allora emergendo a seguito del boom economico e dell'introduzione di sistemi di fabbrica neo-tayloristici. Sergio Bologna era uno di questi giovani studiosi, come si diceva in quegli anni lontani, “neo-marxista”, perché le categorie interpretative che venivano applicate risultavano nel complesso poco gramsciane, al fondo radicalmente eterodosse: ci si sporcava le mani con gli strumenti della sociologia, si faceva “inchiesta operaia”, calandosi nelle situazioni concrete di vita e di esperienza delle contraddizioni, buttando a mare teoremi insopportabilmente ideologici tipici – anche allora! - della sinistra tradizionale. Un pensiero, intendiamoci, politicamente il più delle volte "pericoloso" e per me - oggi come allora - al fondo inaccettabile... Quanto ricco però di conoscenza e di coraggiosi apporti interpretativi dei diversi mutamenti sociali in atto! Ho trovato sul “Manifesto” un articolo di Bologna sulla "Questione settentrionale" e vorrei citarne alcuni passi che mi sembrano illuminanti: “bisogna creare – scrive Bologna - una forte, fortissima ipotesi interpretativa delle trasformazioni sociali e delle mentalità, che non sia “esterna” ai ceti creati dal post-fordismo ma “interna”. Cioè agli imprenditori, al lavoro autonomo di seconda generazione, ai giovani sballottati tra mille lavori precari, agli sfigati delle praterie urbane che sognano di fare i carabinieri dei corpi speciali. Un'ipotesi radicata nei comportamenti sociali, non nelle scuole politologiche, che assuma verso l'insofferenza del popolo cattolico del nord, un atteggiamento di “voler capire”, di voler scoprire in che modo sono condivisibili sue ragioni e quali altre soluzioni di convivenza civile – ma anche di lotta, diamine! - la nostra cultura può offrire. Così a mio avviso si affronta la “questione settentrionale”. L'articolo - pensate un pò - data 4 maggio 1996 – dodici anni fa! - e continua introducendo ulteriori argomenti: “Il federalismo è una parola vuota, un palliativo, un escamotage. La radicalità dell'avversione allo “stile romano” consiste nel fatto che questa gente – e come darle torto? - non crede più ad una riforma della pubblica amministrazione fatta con lo stesso personale umano di quello attuale. (Voi credereste a una riforma dell'Università fatta dai professori universitari?). Da qui l'idea che l'unica soluzione possibile sia la costituzione di una nuova pubblica amministrazione, cioè di un nuovo stato
Queste cose Bologna le scriveva dodici anni fa...Dodici anni persi dalla Sinistra che nel frattempo è rimasta ferma ad aspettare: immobilizzata ingenuamente dallo sguardo della medusa berlusconiana! Mi chiedo se non sia arrivato finalmente il momento di svegliarsi, di cambiare strada ...

sabato 5 aprile 2008

L'occasione sciupata dalla Sinistra Arcobaleno

All'inizio della campagna elettorale avevo ben chiaro che, anche questa volta, avrei finito col votare...Comunque fossero andate le cose, il 13 e il 14 aprile avrei posto la mia scheda nell'urna per contrastare per un'ennesima e ultima volta, cinque anni di governo Berlusconi, questa volta con un'ulteriore probabile aggiunta di sette anni di Presidenza della Repubblica. Ero abbastanza deciso a premiare la Sinistra Arcobaleno, perlomeno alla Camera...; oggi però, anche se continuo ad essere convinto della necessità di non disertare l'appuntamento elettorale - ...troppo bene conosco i terribili patimenti&pentimenti del giorno dopo! -, ho molti più dubbi sulla scelta del simbolo su cui apporre il fatidico segno. A favore del voto per la Sinistra Arcobaleno pesavano alcune considerazioni legate alla situazione locale, la più importante della quale era sicuramente il ruolo svolto dal senatore Sodano nel denunciare la gestione dei rifiuti nella nostra regione. Quest'azione mi sembrava “assolvere” - anche se molto parzialmente - la Sinistra radicale dalle più ampie responsabilità attribuibili pienamente invece alla classe dirigente del Partito Democratico. Contava poi nella scelta, una considerazione di ordine politico più generale: nel nostro paese si apriva improvvisamente uno spazio per una nuova sinistra capace di abbandonare definitivamente ideologismi ottocenteschi, certezze granitiche espresse in deplorevoli “senza se e senza ma”, pratiche “istituzionali” il più delle volte simili a quelle dei partiti tradizionali. Questa nuova sinistra, con ambizioni maggioritarie, aprendo un vero processo costituente con associazioni, movimenti, società civile organizzata, avrebbe dato finalmente una prospettiva convincente a quella vasta parte dell'elettorato di sinistra - in cui io stesso mi riconoscevo - non ancora conquistato dalla “sirena” democratica. Mettendo da parte timidezze e inutili sensi di appartenenza, forse avrebbe così evitato di restare schiacciata dal ricatto del “voto utile”.
Nella discussione sul suo blog Marco Rossi Doria ha delineato con parole misurate alcune caratteristiche di questa ipotetica nuova sinistra che potrebbe diventare “un luogo aperto, meno liberista del Pd, più solidale, capace di fantasia propositiva di tipo alternativo”, esprimendo “un riformismo radicale fatto di azioni pacifiche e diffuse”, superando le sue caratteristiche “decisionistiche e poco partecipative”, “il suo protezionismo contrario per principio a un po' di concorrenza vera”. Parole molto sagge e condivisibili: come “cittadino attivo” spesso purtoppo ho fatto i conti e ho toccato con mano alcuni di questi difetti che penso abbiano contribuito non poco al decadimento della nostra città. E ancora potrei aggiungere oggi:... una sinistra che sostenga senza indugi e senza compromessi - ma anche senza stantii anticlericalismi - quei valori di laicità che devono essere alla base di ogni stato di diritto. Una sinistra capace di fare i conti realisticamente con la nuova composizione sociale che la rivoluzione post-fordista ha prodotto, facendo quello che gruppi come i “Quaderni Rossi”, con intelligenza, cultura, voglia di capire il nuovo, fecero negli anni '60, cogliendo allora i grandi cambiamenti in atto legato alla figura dell'operaio-massa.
Dopo l'incredibile discussione falce&martello-si falce&martello-no, ho partecipato all'apertura della campagna elettorale al Cinema Modernissimo, con la proiezione del film “La signorina Elsa”. Ho trovato ben altro clima di quello che mi aspettavo: una riflessione dolorosa e nostalgica sulla sconfitta alla FIAT dei primi anni '80, la cui onda lunga arriverebbe fino ai giorni nostri, con il tentativo di far scomparire la Sinistra da questo paese, aggiungendo alla sconfitta “sociale” di un ventennio fa la definitiva sconfitta “politica”. Nel prosieguo della campagna elettorale ho stentato a cogliere un linguaggio nuovo e nuovi contenuti: ho sentito Bertinotti difendere la legittimità delle occupazioni di case, guardare con interesse alla proposta di Berlusconi di una cordata italiana per salvare l'Alitalia; ho letto che gruppi di Rifondazione hanno contestato i comizi di Ferrara, cadendo così nella sua trappola. Mi è parsa questa una politica minoritaria, di una sinistra tutta ripiegata su se stessa, nel fondo inutilmente conservatrice, abituata a guardare indietro a tutto ciò che è avvenuto nel passato. Una sinistra che, davanti alle macerie della Storia, piuttosto che farsi spingere verso il futuro dalla tempesta proveniente dal Paradiso - come accade all'Angelo di Benjamin -, si lascia piuttosto risucchiare dalle macerie del passato.
Continuo a pensare che in Europa e in Italia ci sia bisogno di una forza di nuova sinistra moderna e con vocazione maggioritaria. Dubito a questo punto che la Sinistra Arcobaleno sia all'altezza di questo compito.
Un'occasione preziosa è andata persa. Pertanto mi preparo ad otturarmi il naso....